Quando il perfezionismo alimenta l’ansia
Luca ha 31 anni, lavora in uno studio di consulenza e da sempre è una persona “precisa”.
Ha imparato fin da piccolo che fare bene significa ricevere approvazione, e che un errore equivale a delusione.
All’università questa attitudine gli è stata utile: ore di studio, risultati eccellenti.
Ma oggi, nel lavoro e nella vita privata, quella stessa spinta si è trasformata in una fonte di fatica.
Luca racconta: “Non riesco a fermarmi. Ogni dettaglio deve essere sotto controllo. Anche quando finisco un progetto, non mi rilasso: cerco sempre cosa avrei potuto fare meglio. E la notte, al posto di dormire, la mia testa continua a rigirare le stesse cose.”
Il legame tra perfezionismo e ansia
Il perfezionismo non è semplicemente “amare le cose fatte bene”. Diventa problematico quando porta a:
standard irrealistici, che nessun risultato riesce mai a soddisfare;
paura costante di sbagliare, che blocca o fa rimandare decisioni;
ruminazione mentale, con pensieri continui su ciò che non va o che potrebbe andare storto;
difficoltà a godersi i successi, perché c’è sempre un nuovo obiettivo più alto da raggiungere.
L’ansia nasce da qui: dal vivere sotto pressione, come se ogni compito fosse un esame da superare e ogni errore una catastrofe.
Il vissuto interiore
Chi vive questa esperienza si sente spesso intrappolato in un paradosso:
da una parte, la ricerca di perfezione porta riconoscimenti e risultati;
dall’altra, toglie libertà, serenità e piacere.
Molti raccontano sintomi simili a quelli di Luca:
insonnia o difficoltà a “staccare la mente”;
tensione muscolare e stanchezza cronica;
irritabilità con chi non rispetta i propri standard;
sensazione di non essere mai abbastanza, anche quando gli altri lodano il loro impegno.
Il percorso in seduta
In seduta non si tratta di “togliere” la precisione o la cura per le cose, ma di ridare misura. Si lavora per:
riconoscere le radici del perfezionismo e le emozioni collegate (vergogna, paura di deludere, bisogno di approvazione);
imparare a tollerare l’errore come parte del vivere, non come fallimento;
distinguere ciò che è davvero importante da ciò che nasce solo dall’ansia;
sperimentare nuove modalità, più flessibili, che permettano di vivere con meno pressione e più equilibrio.
Se ti riconosci
Forse anche tu ti ritrovi a chiedere sempre di più a te stesso, senza mai sentirti davvero soddisfatto. Forse ti capita di vivere con l’ansia di “non essere all’altezza”, anche quando gli altri ti vedono come una persona capace e affidabile.
Il perfezionismo e l’ansia non definiscono chi sei, ma sono modi con cui ti sei abituato a stare al mondo. In un percorso psicologico puoi esplorarli e trovare nuove strade, più libere e meno faticose.
Ricevo in studio e online, in uno spazio protetto e rispettoso, per aiutarti a trasformare questa pressione continua in un modo più autentico di vivere e di stare con gli altri.
Domande frequenti su perfezionismo e ansia
1. Come faccio a capire se sono perfezionista?
Il perfezionismo diventa evidente quando poni a te stesso standard molto alti, hai paura di sbagliare, fatichi a delegare e non ti senti mai soddisfatto dei tuoi risultati.
2. Il perfezionismo causa ansia?
Sì, il perfezionismo alimenta ansia perché porta a vivere ogni compito come una prova da superare e ogni errore come un fallimento. Questo genera pensieri ossessivi, tensione e stress costante.
3. Quali sono i sintomi tipici del perfezionismo ansioso?
difficoltà a rilassarsi o a “staccare la mente”;
insonnia o stanchezza cronica;
autocritica costante;
paura di deludere gli altri;
sensazione di non essere mai abbastanza.
4. Come si può ridurre l’ansia da perfezionismo?
Attraverso un percorso psicologico che aiuti a:
riconoscere le radici di questi pensieri;
accettare l’errore come parte naturale della vita;
stabilire obiettivi realistici;
ridurre il bisogno di controllo costante.
5. Si può essere “meno perfezionisti” senza perdere qualità nel lavoro o nello studio?
Sì. Il lavoro psicologico non mira a togliere l’impegno o la cura, ma a restituire libertà e flessibilità. L’obiettivo è continuare a fare bene, senza vivere in continua tensione.